48 di 4933 aforismi scelti a caso e ordinati per lunghezza
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Scrivo, dunque sono.
L'identità è un'illusione.
È normale essere anomali.
Appartengo, dunque sono.
Ogni gesto denota certe appartenenze.
Essere significa appartenere e possedere.
Dimmi di cosa ti piace parlare e ti dirò chi sei.
Siamo tutti prigionieri delle nostre identità sociali.
Dimmi di cosa ridi e di cosa non ridi e ti dirò chi sei.
Io sono ciò che penso, ciò che sento e ciò che voglio.
Chi sono? Un essere umano che cerca di capire come funziona.
La storia di ciascuno ha avuto inizio da un miscuglio casuale di geni.
Ogni cosa che facciamo e che non facciamo ci qualifica socialmente.
Nietzsche diceva: diventa ciò che sei. Il problema è sapere ciò che si è.
Chi sono? Un esemplare della specie umana, e rifiuto ogni altra etichetta.
Ognuno è il suo corpo, la sua storia e i modi in cui è capito e valutato dagli altri.
Le interazioni tra umani dipendono dalle loro identità sociali assunte, presunte o attribuite.
Noi siamo le maschere che indossiamo. Senza una maschera non siamo nessuno, non esistiamo.
I nostri pensieri sono influenzati da ciò che siamo, e ciò che siamo è influenzato dai nostri pensieri.
Essere autentici richiede il coraggio di mostrarsi come si è, non come si dovrebbe o vorrebbe essere.
Gli attori ci affascinano e ci sembrano divini perché sono capaci di cambiare identità volontariamente.
Ogni cosa che facciamoci ci qualifica come appartenenti alla categoria di persone che fanno quella cosa.
Ogni cosa che un umano fa può servire a confermare, affermare, negare o rinnegare una certa identità sociale.
Nessuno è uguale a se stesso per più di un istante. Tuttavia ognuno ha certe somiglianze con le persone che è stato.
La televisione non fa altro che presentarci continuamente modelli di comportamento da imitare e altri da non imitare.
A volte vorrei essere un altro, ma la persona che vorrei essere non è mai esistita. In realtà vorrei essere tutti e nessuno.
Ogni giorno recitiamo il personaggio che il nostro codice genetico, le nostre esperienze e la società hanno scelto per noi.
Ognuno cerca di dare agli altri una certa immagine di sé e delle proprie intenzioni, che corrisponde più o meno alla verità.
Forse la vera autenticità consiste nel riconoscere e accettare l'incoerenza e l'ambivalenza (o ambiguità) delle nostre identità.
Se io fossi in grado di scegliere liberamente, consciamente, razionalmente, volontariamente la mia identità sociale, quale mi converrebbe scegliere?
«Io adesso» è lo stesso di «io ieri», e lo stesso di «io domani»? O siamo oggetti diversi accomunati da una certa memoria e da certe caratteristiche fisiche?
Dobbiamo imparare a distinguere ciò che ci piace per le sue qualità intrinseche da ciò che ci piace perché contribuisce a darci una identità sociale desiderabile.
Ognuno ha bisogno di essere riconosciuto come appartenente a certe comunità, classi o categorie, e come posizionato ad un certo livello di certe gerarchie sociali.
L'uomo è sempre impegnato ad affermare e confermare la propria identità sociale, sia mentre interagisce con altri, sia quando è solo, in attesa dei prossimi incontri.
Noi vogliamo inconsciamente essere come ci vogliono le persone da cui la nostra vita dipende, cioè quelle di cui abbiamo bisogno (materialmente o come guide o modelli) per vivere.
Non ha senso chiedersi: Chi sono? Cosa sono? Mentre ha senso chiedersi: Chi/cosa sono io per gli altri? E più precisamente: Chi/cosa sono io per X? Per Y? Per Z? Ecc. E poi: Chi/cosa sono gli altri per me?
Tutto ciò che facciamo e non facciamo, diciamo e non diciamo, pensiamo e non pensiamo, conosciamo e non conosciamo, sentiamo e non sentiamo, desideriamo e non desideriamo, ci qualifica socialmente.
L'acquisto o la consumazione di certi beni e servizi caratteristici di una certa cultura possono costituire riti di appartenenza e identificatori sociali. Per questo essi possono risultare particolarmente attraenti.
Ogni essere umano vorrebbe essere un certo tipo di persona perché inconsciamente crede che essere quel tipo umano gli permetterà di fare parte di una comunità a lui favorevole, e il non esserlo glielo impedirà.
Ho fatto cose che oggi non farei, ho detto cose che oggi non direi, ho pensato cose che oggi non penserei, farò cose che oggi non farei, dirò cose che oggi non direi, penserò cose che oggi non penserei. La mia identità è cambiata e continuerà a cambiare.
Orgoglio e superbia sono dovuti soprattutto ad una sopravvalutazione del proprio talento, della propria intelligenza e della propria importanza. È bene ricordarci che siamo tutti sostituibili (e saremo immancabilmente sostituiti) nel breve o medio termine.
Per poter interagire con qualcuno non è possibile essere qualsiasi cosa, avere qualsiasi identità e natura, essere se stessi liberamente, ma è indispensabile avere una identità, ovvero un insieme di caratteristiche, compatibile con le aspettative e le esigenze dell'altro.
L'identità sociale di un individuo è stabilita non da esso stesso ma dalle persone con cui interagisce. Perciò, un individuo insoddisfatto dell'identità che gli viene attribuita dalle persone che frequenta, farebbe bene a frequentare persone diverse, che possano attribuirgli identità più soddisfacenti.
Il verbo essere è uno strumento scritto nel nostro DNA, infatti lo troviamo in ogni lingua umana. Grazie ad esso possiamo consciamente o inconsciamente costruire delle identità (o equazioni), dotarle di significati, riconoscerle e comportarci di conseguenza, anche se spesso si tratta di equazioni erronee.
Conosci te stesso! Ottima cosa, ma per riuscirci non basta volerlo. Chi vuole conoscere se stesso deve fare un percorso complicato e difficile, in cui ci si può anche perdere o ingannarsi. A tale scopo è indispensabile l'aiuto di altre persone (dal vivo o mediante libri), e trovare le persone giuste è una questione di fortuna.
Il motivo per cui gli umani cercano di possedere e guadagnare più denaro possibile, anche oltre il necessario, è che il denaro, oltre a permetterci di comprare cose di cui abbiamo bisogno, è considerato da molti una prova e dimostrazione di potere, valore, merito, intelligenza, capacità e per alcuni perfino di grazia di Dio.
"Essere se stessi" è un non senso perché noi siamo comunque il risultato delle nostre interazioni sociali, quindi siamo sempre, in un certo senso, "gli altri", ovvero quelli che ci hanno formato, cioè l'altro generalizzato (termine coniato da George H. Mead). Non ha quindi senso cercare il proprio "vero sé", mentre ha senso scegliere le persone con cui interagire in modo che siano adatte al proprio temperamento genetico.
La grande importanza che gli umani, per identificare una persona, hanno sempre dato ai suoi possedimenti (sin da quando esiste la proprietà privata) è testimoniata dal fatto che i nomi dei nobili venissero comunemente trasformati in quelli dei loro possedimenti, preceduti dalla particella "di", "de", "von" ecc. (a seconda della lingua), spesso anche senza. Per esempio, Camillo Benso, conte di Cavour, è più spesso chiamato semplicemente Cavour.
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