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I vittimisti sono vittime di se stessi.
Siamo tutti influencer, chi più, chi meno.
Il vittimismo è il preludio dell'aggressività.
Felici o infelici, tutti sembrano esperti di felicità.
Dire ad una persona "non ho bisogno di te" è insultarla.
L'evoluzione delle specie non è finalistica, ma casuale.
Non di buone azioni c'è bisogno, ma di buone interazioni.
Una persona insoddisfatta costituisce un pericolo per la società.
Sacro è ciò a cui si attribuisce un valore assoluto e indiscutibile.
Il grave difetto della logica aristotelica è che non tiene conto del tempo.
Non è vero che più si sa e meglio di vive. Conviene sapere quanto basta.
Il mondo è molto più grande e complesso di quanto possiamo immaginare.
Un libro è un ponte tra il lettore e l'autore, e tra il lettore e gli altri lettori.
Io faccio quel che faccio perché sento "automaticamente" il bisogno di farlo.
La felicità dipende molto dall'accordo e dalla cooperazione tra coscienza e inconscio.
La coscienza può vedere una sola cosa alla volta. L’inconscio molte cose simultaneamente.
Amiamo tutto ciò che avalla le nostre menzogne e odiamo tutto ciò che minaccia di svelarle.
La mente serve soprattutto a rispondere alla domanda: con chi e come mi conviene interagire?
Non posso apprezzare chi non mi apprezza, e non posso essere apprezzato da chi non apprezzo.
Per il progresso civile e morale occorre sostituire il senso di colpa con il senso di responsabilità.
Molti credono non perché vedono o capiscono, ma perché hanno bisogno di credere e paura di non credere.
Conoscendo gli altri (in termini di somiglianze e di differenze) conosciamo anche noi stessi, e non viceversa.
L'uomo ha una tale paura della mancanza di senso della vita che tende a dare un senso anche a ciò che non lo ha.
Cosa penso degli altri? Cosa pensano gli altri di me? Le risposte a queste domande si influenzano reciprocamente.
Ognuno giudica gli altri, consciamente o inconsciamente. Non si può non giudicare, dobbiamo cercare di giudicare meglio.
Ognuno detesta e teme tutto ciò che può rendere evidenti le proprie incapacità, le proprie immoralità e le proprie stupidità.
Il mondo è pieno di portatori di bisogni, per soddisfare i quali ogni portatore ha bisogno della collaborazione di altri portatori.
La questione non è se una certa cosa sia buona o cattiva, bella o brutta, vera o falsa, giusta o sbagliata, ma per chi e perché lo sia.
È difficile la cooperazione tra chi vuole cambiare e chi non vuole. E tra chi vuole che gli altri cambino in un senso e chi in un altro.
L'uomo entra, la donna ospita. L'uomo sceglie dove entrare, la donna sceglie chi ospitare. È una faccenda genitale, ormonale e sociale.
Cosa ci fa pensare che le religioni, che in passato hanno causato o permesso gravi atrocità, nel futuro ci aiuteranno a migliorare la società?
Fai questo e ti sentirai meglio. A volte funziona, specialmente se la cosa viene fatta insieme ad altri e acquista in tal modo una valenza sociale.
La soluzione di un problema provoca un piacere, ma una volta che il problema è risolto, esso svanisce, come pure il piacere della sua soluzione.
Perché l'uomo desidera conoscere e imparare? È un bisogno fine a se stesso o è strumentale per soddisfare altri bisogni? Propendo per la seconda ipotesi.
Una relazione pacifica tra due persone è possibile solo se c'è un accordo esplicito o implicito sulle condizioni, le modalità, e le regole della relazione stessa.
Tutto ciò che impariamo(nel bene e nel male) lo impariamo da altri. Perciò è importante saper scegliere con spirito critico i propri maestri e i propri modelli.
Io non credo che la casualità sia l'opposto della causalità. La casualità è causata da leggi fisiche. Ciò che rende un fenomeno casuale è solo la sua imprevedibilità.
La tendenza a schierarsi dalla parte dei vincitori è un tratto molto comune della natura umana. Evidentemente ha una funzione adattiva in senso evoluzionistico.
Così come è normale per un umano amare i genitori, la patria e la lingua che non ha scelto, così dovrebbe essere normale che esso ami la sua stessa persona, che neppure ha scelto.
Il culto della verginità di Maria è il culto di una inibizione, di una astensione dalla soddisfazione di un bisogno naturale, è fare di una privazione contro natura, di una infelicità, una virtù.
Ogni parola è connessa probabilisticamente con certe altre. Ogni concetto è connesso probabilisticamente con certi altri. Ogni parola è connessa probabilisticamente con certi concetti, e viceversa.
Qualsiasi interazione sociale, anche la più stupida, insensata, nociva o noiosa è meglio che nessuna interazione sociale. Spesso si interagisce solo per interagire, senza altro fine che l'interazione stessa.
Criticare o non criticare, questo è il dilemma. Perché se critico mi rendo antipatico a tutti quelli che direttamente o indirettamente sono toccati dalle mie critiche; se non critico sono complice di tutte le stupidità e malvagità di cui io e i miei simili siamo capaci.
Mi chiedo se sia possibile distinguere una cosa dai suoi attributi. In particolare, mi chiedo se io e i miei attributi siamo la stessa cosa. Infatti gli altri mi trattano in certi modi che dipendono dai miei attributi, anzi, da quelli che essi presumono siano i miei attributi.
Secondo me i sogni non sono messaggi dotati di senso che l'inconscio invia intenzionalmente al conscio per indurlo a fare o a comprendere qualcosa, ma narrazioni casuali generate a partire da informazioni memorizzate, che ognuno può interpretare liberamente, attribuendo loro significati non dati all'origine.
Di ogni persona (compresi se stessi) è lecito e consigliabile chiedersi: Chi crede di essere? Come vorrebbe essere riconosciuto? Cosa si aspetta dagli altri? Che progetti ha? Cosa desidera? Di cosa ha bisogno? Cosa è disposto a offrire agli altri? Cosa pensa di coloro che non condividono la sua visione del mondo? Ecc.
Al "so di non sapere" socratico preferisco un più realistico e smaliziato, meno ingenuo e meno ipocrita "so di essere arrogante". Il problema non è l'arroganza, ma ignorare di essere arroganti o credersi umili. Perché ognuno di noi sa di sapere qualcosa di più e meglio di qualcun altro e, in tal senso, è arrogante. Di conseguenza, ogni insegnamento o consiglio è un atto di arroganza.
Il sacrificio (piccolo o grande che sia) è un elemento essenziale della celebrazione del sacro, ovvero della conferma dell'appartenenza ad una comunità umana. Il sacrificio comporta necessariamente un disagio, una rinuncia, una violenza, una frustrazione, una sofferenza perché serve a dimostrare che l'attaccamento alla comunità è più forte della sofferenza provocata dal sacrificio stesso.
Nulla ha senso in sé o a priori. Se crediamo o sentiamo che una cosa ha senso per noi è perché noi stessi o altre persone glielo abbiamo attribuito. Si tratta di risposte cognitive ed emotive a stimoli (parole, immagini, suoni, ecc.), risposte che dipendono dalla nostra mente, non dall'oggetto a cui attribuiamo il senso, essendo quell'oggetto solo uno stimolo o un agente con cui possiamo interagire.
Tra tutti gli umani vi è una competizione permanente, spesso dissimulata, che solo gli ingenui non vedono. Una competizione che riguarda i valori umani, da cui dipende la posizione gerarchica intellettuale, morale, estetica ed economica di ciascuno. Dall’esito, sempre instabile, di tale competizione dipende l’assegnazione dell’autorità e dei privilegi nei gruppi sociali, e la regolazione della cooperazione.
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